Per “giorno valuta”, o più semplicemente “valuta” s’intende, nella prassi bancaria, l’intervallo in giorni che intercorre tra la data di addebito in conto corrente di un assegno, bonifico o altro prelievo e la data dalla quale per il beneficiario di tali operazioni cominciano a calcolarsi gli interessi attivi.
La sensazione che si ha è quella che il sistema “giorni valute” non sia altro che un pretesto per consentire alle banche di lucrare sui capitali di cui esse possono liberamente disporre nel periodo intercorrente tra il giorno dell’operazione di addebito o accredito e il giorno in cui le somme producono interessi (c.d. “valuta”) o possono essere utilizzate (c.d.”disponibilità” ) dai beneficiari.
Orbene, la normativa introdotta negli ultimi anni ha limitato fortemente il malcostume bancario delle valute antergate o postergate, vietandolo in talune situazioni o tutelandolo entro ambiti più ristretti in altre situazioni.
La regola generale è che nella contabilizzazione degli interessi sui versamenti e sui prelevamenti effettuati sul conto corrente la banca è tenuta a seguire, in mancanza di diversa previsione contrattuale, il sistema della valuta reale, vale a dire deve conteggiare gli interessi su dette somme dal giorno in cui è realmente fatto il versamento o il prelevamento.
Alla clausola di decorrenza delle valute si applicano gli artt. 117-118-119 Tub; per cui, al pari di ogni altra clausola contrattuale, essa deve avere la forma scritta, non può essere modificata unilateralmente dalla banca se non in base ad una clausola approvata specificamente dal cliente, non può essere indicata con il rinvio agli usi, non può essere più sfavorevole per il cliente rispetto a quella pubblicizzata. All’uopo, si fa rinvio alla Sentenza Cassazione Civile nr. 9695/2011 che così recita: “non sono legittimi i tassi di interesse, le previsioni di costi o commissioni e la disciplina della postergazione delle valute di accredito che non siano previsti espressamente e per iscritto dalle parti con analitica determinatezza e senza rinvio a clausole su piazza o equivalenti”.
La conseguenza contabile della nullità di detta clausola è l’applicazione della c.d. valuta reale, vale a dire il conteggio degli interessi dal giorno di effettivo versamento o prelevamento.