Prima di entrare nel merito dell’eccezione di prescrizione elevata dagli istituti di credito nei giudizi di ripetizione di somme illegittimamente lucrate o nei giudizi di accertamento del debito è opportuno anteporre delle precisazioni in ordine all’eccezione di prescrizione in genere e poi evidenziare tutti i risvolti tecnico-giuridici legati all’eccezione di prescrizione nei rapporti bancari in ordine a quanto ha definitivamente sancito la sentenza di Cassazione a Sezioni Unite 24418 del 2010.
Quindi:
1) L’eccezione di prescrizione in genere.
L’eccezione di prescrizione è un’eccezione in senso stretto, cioè rilevabile solo su istanza di parte, ed è la parte (banca) che la solleva a doverla provare: “in altri termini, chi eccepisce la prescrizione è tenuto a dimostrarne pienamente il relativo fatto costitutivo, nell’ambito del quale rientra anche il profilo riguardante la prova certa e giuridicamente idonea dell’individuazione del “dies a quo” relativo alla decorrenza effettiva per la maturazione del relativo termine prescrizionale (cfr. Cass. n. 11843 del 2007 e Cass. n. 16326 del 2009, secondo la quale, in generale, «l’eccezione di prescrizione, in quanto eccezione in senso stretto, deve fondarsi su fatti allegati dalla parte, quand’anche suscettibili di diversa qualificazione da parte del giudice, con la conseguenza che il debitore (la banca ndr), ove eccepisca la prescrizione del credito (del correntista ndr), ha l’onere di allegare e provare il fatto che, permettendo l’esercizio del diritto, determina l’inizio della decorrenza del termine ai sensi dell’art. 2935 c.c., restando escluso che il giudice possa accogliere l’eccezione sulla base di un fatto diverso, conosciuto attraverso un documento prodotto ad altri fini») Cass. Civ. n. 3465 del 12 febbraio 2013
2) L’eccezione di prescrizione nelle cause bancarie di ripetizione di indebito.
E’ opportuno premettere che la Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite Civili, con la Sentenza n.r 24418/2010 ha stabilito che il predetto termine di prescrizione “decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati”.
In dettaglio, in stretta correlazione in merito alla natura delle rimesse eseguite dal correntista, preciso che una rimessa in conto corrente è da ritenersi ripristinatoria se effettuata su conto attivo ovvero su conto passivo, ma con saldo nei limiti della apertura di credito concessa, solutoria, se effettuata su conto scoperto in assenza di apertura di credito o su conto con saldo negativo extra fido.
In materia di apertura di credito, faccio rilevare che l’esistenza del conto affidato, vale a dire di un’apertura di credito a favore del correntista, non soggiace alla forma scritta prevista a pena di nullità dall’art. 117 TUB comma 1 in quanto l’art. 127 TUB prevede espressamente che le disposizioni del titolo sesto dello stesso Testo Unico (Trasparenza delle condizioni contrattuali) “sono derogabili solo in senso più favorevole al cliente” e che le nullità “operano solo a vantaggio del cliente e possono essere rilevate d’ufficio dal giudice”. L’art. 127 TUB contempla, quindi, un’evidente nullità relative a vantaggio del cliente (considerato contraente debole), che rientra sicuramente tra le cosiddette nullità di protezione, di cui la banca assolutamente non può avvalersi; ne deriva chiaramente e pacificamente che la banca non può trarre un vantaggio da una violazione di legge, vale a dire dalla circostanza di non aver fatto stipulare al cliente un formale contratto scritto di conto corrente e/o di apertura di credito (cfr. con argomentazioni in parte diverse, Cassazione n. 14470/05, Corte di Appello di Torino n. 322/12) .
Dunque, correttamente, l’esistenza dell’apertura di credito in favore del Cliente la si può facilmente ricavare da una serie di risultanze documentali, desunte dagli estratti di conto corrente prodotti. In particolare, l’esistenza dell’affidamento risulta dai seguenti elementi sintomatici: a) l’avere la banca consentito al cliente di usufruire di fatto di uno scoperto di c/c, stabilmente e costantemente per una durata di oltre dieci anni; b) l’applicazione, indicata negli estratti conto, di una commissione di massimo scoperto, che per definizione è una clausola implicante un costo per il cliente in ragione della messa a disposizione da parte della banca di una somma utilizzabile a credito dal cliente; c) l’indicazione negli estratti di conto corrente di tassi debitori ordinari, senza alcun richiamo e distinzione di tassi extrafido, che presupporrebbero un’utilizzazione dell’apertura di credito oltre un limite prestabilito dalla banca; d) la mancata richiesta della banca, per tutta la durata del rapporto, di un rientro del cliente dallo scoperto di c/c; e) l’indicazione da parte della banca nello scalare trimestrale di scaglioni di tasso; f) l’indicazione da parte della banca nella Centrale Rischi della soglia di affidamento (si ricorda che l’iscrizione in Centrale Rischi ha pieno carattere confessorio).
Ciò posto, al fine di eccepire l’intervenuta prescrizione, e chiaro ed evidente che ricade sulla banca l’onere di fornire elementi probatori (ossia limite del fido con la produzione del contratto di apertura di credito) diretti a dimostrare che il relativo versamento sia da considerarsi solutorio e quindi prescritto (cfr.: Cassazione Civile 18579 del 2014, Cassazione Civile nr. 3465 del 2013, Cassazione Civile 16326 del 2009, Cassazione Civile 4468 del 2004, Corte d’Appello di Milano 2318/2016, Corte di Appello Milano 3512 del 2014, Corte di Appello Milano 1796/2012, Corte Appello Torino 377/2012, Corte Appello Torino 902/2013, Corte d’Appello di Lecce 173/2013, Tribunale di Prato 2016 Dr. Morabito, Tribunale di Alessandria 2015, Tribunali di Taranto 28/06/2013, Tribunale di Benevento 2013, Tribunale di Prato 313 del 2013, Tribunale di Benevento 2014, Tribunale di Pescara 2013, Tribunale di Palermo 684/2012, Tribunale di Campobasso ordinanza 702 bis del 9/10/2014, Tribunale di Monza 13/06/2012, Tribunale di Torino nn. 2883/2012 e 602/2013, Tribunale di Torino 31.10.2014 GI Dott. Astuni, Tribunale di Firenze 2014 RG 3210/2010 Dr. Guida) allegate alla presente); ragion per cui, alla luce di quanto sopra, nel caso di specie non avendo la banca fornito alcuna prova, il conto in esame è da considerarsi sempre affidato (di fatto) e, dunque, si chiede di sviluppare una ipotesi di conteggio che consideri tutti i versamenti -ante 10 anni dall’atto interruttivo della prescrizione- eseguiti dal correntista aventi natura ripristinatoria della provvista, in altre parole, tutti i versamenti che hanno pagato le competenze trimestrali siano ripetibili in quanto non prescritti.
Proprio di recente la Corte di Cassazione con sentenza nr. 18579 del 2014 ha sancito definitivamente il principio secondo cui ricade sulla banca che eccepisce la prescrizione l’onere di provare che il conto sia affidato, in mancanza, tutti i versamenti sono da ritenersi ripristinatori della provvista e per quanto tali non prescritti e ripetibili; Corte di Cassazione con sentenza nr. 18579 del 2014 “Premesso che l’onere della prova dell’allegata apertura di credito per un ammontare determinato incombeva sulla banca, trattandosi di fatto volto a negare efficacia solutoria a rimesse che oggettivamente riducevano il debito della società correntista, la corte territoriale, pur avendone presuntivamente ritenuto la sussistenza, ha escluso che ne fosse dimostrato il limite numerario, non essendo all’uopo idonei i documenti ritualmente prodotti in primo grado – quali la scheda degli affidamenti e l’estratto notarile del libro dei fidi – perché atti di parte, e precluse, per contro, in grado d’appello, sia l’ulteriore produzione documentale (in particolare, del contratto di conto corrente), sia la prova testimoniale (art.345, terzo comma, cod. proc. civile). Non senza aggiungere che il documento di cui si chiedeva l’acquisizione, e cioè il contratto di conto corrente, non sarebbe stato comunque decisivo, stante l’indicazione mancante dell’ammontare del fido concesso alla società”.
Inoltre, da come chiaramente si ricava in atti, l’eccezione di prescrizione elevata dalla banca risulta palesemente generica, infatti la stessa, ha omesso di indicare in dettaglio i versamenti che ritiene essere di natura solutoria e per quanto tali prescritti (cfr.: Cassazione Civile nr. 4518 del 2014, Corte d’Appello di Milano 2318/2016, Corte d’Appello di Bari 1543/2015, Corte Appello Milano 1769/2012, Ordinanza 702 Tribunale di Benevento 2016 (RG 1240/2014), Corte Appello Lecce 173/2013, Tribunale di Reggio Emilia 1532/2015, Tribunale di Benevento 726/2015 Dr.ssa Genovese, Ordinanza 702 bis Tribunale di Bologna 2014 RG 10378//2013 GI. Dr. Velotti, Sentenza Tribunale di Benevento 2014 GI Genovese, Sentenza Tribunale di Benevento 2013 GI Genovese, Sentenza Tribunale di Prato nr. 313 del 2013, Sentenza Tribunale di Napoli nr. 1083 del 2011, Tribunale di Pistoia nr. 348/2015, /Tribunale di Pistoia 93/2016, Tribunale di Prato 2016 Dr.ssa Brogi Ord. 2179/2016, Tribunale di Roma 8702/2016, Tribunale di Pistoia nr. 607/2016, Tribunale di Reggio Emila nr. 1167/2016, Tribunale di Pavia 7486/2014 accoglimento totale del 08.09.2016, Tribunale di Reggio Emilia 15834/2016, Tribunale di Pavia 15765/2016 allegate alla presente); esplicativa al riguardo è la recentissima pronuncia della Cassazione Civile nr. 4518 del 2014 che ha statuito al riguardo “Deve osservarsi, al riguardo, che i versamenti eseguiti su conto corrente, in corso di rapporto hanno normalmente funzione ripristinatoria della provvista e non determinano uno spostamento patrimoniale dal solvens all'accipiens. Tale funzione corrisponde allo schema causale tipico del contratto. Una diversa finalizzazione dei singoli versamenti (o di alcuni di essi) deve essere in concreto provata da parte di chi intende far decorrere la prescrizione delle singole annotazioni delle poste relative agli interessi anatocistici. Nella specie non è stato mai né dedotta né allegata tale diversa destinazione dei versamenti in deroga all'ordinaria utilizzazione dello strumento contrattuale”, inoltre, altrettanto esplicativa risulta essere l’altrettanto recente Sentenza di Corte d’Appello di Milano 2013 cha ha stabilito “La difesa appellante si è limitata, genericamente, ad eccepire la prescrizione decennale in tema di indebito e l'efficacia interruttiva della lettera 21 novembre 2000, ma non ha indicato se ed in quale misura alcuni pagamenti potessero rivestire carattere solutorio, ai fini dell'accertamento della eventuale intervenuta prescrizione, secondo i principi dettati dalle Sez. Un. Della Suprema Corte nella sentenza n. 24418/2010. In virtù del principio generale che regola l'onere della prova (art. 2697 c.c.), la banca era tenuta ad eccepire l'intervenuta prescrizione, non in forma generica, bensì specificatamente, precisando il momento iniziale dell'inerzia del correntista in relazione a ciascun versamento extrafido con funzione solutoria. In difetto di tali allegazioni, e stante l'effetto devolutivo dell'appello, tale accertamento non può più essere compiuto.”
Ed infine e per mera completezza altrettanto evidente è ciò che statuisce la Dr.ssa Manfredini del Tribunale di Prato con Sentenza nr. 313 del 2013: “Si osserva, ancora, che la Banca ha proposto una generica eccezione di prescrizione, senza alcun riferimento ad eventuali rimesse extra fido e, d'altra parte, la presenza di eventuali rimesse con effetto solutorio da parte del correntista avrebbe dovuto essere provata dalla banca convenuta, atteso che la prescrizione costituisce una eccezione e che l'onere della prova in relazione a fatti estintivi del diritto grava su colui che propone la relativa eccezione. Ove quindi la eccezione fosse stata formulata con riguardo anche a singole rimesse extra fido, la Banca avrebbe avuto un preciso onere di allegare ed indicare i pagamenti che eventualmente detta finalità ripristinatoria non abbiano avuto, onere che, nel caso in esame non è stato assolto. Sul punto la giurisprudenza di merito appare univoca “la banca che ha proposto l'eccezione in esame nulla ha specificatamente dedotto e provato sul punto – che la società correntista abbia effettuato dei versamenti aventi connotati tali (…)- da poter essere considerati alla stregua di pagamenti e, quindi, da costituire oggetto di ripetizione” (così, tra le tante, Trib. Napoli, Sez. XI, Sent. N. 1467 del 06.02.2012 e, ancora, Trib. Aosta, Sent. 02.03.2012, n. 96; Trib Taranto, Sent. 445 del 03.03.2011; Trib Roma, Sez. XI, Sent. N. 20994 del 26.10.2011). Deriva, pertanto, prioritariamente dalla mancanza di specifica e tempestiva contestazione e specifica indicazione, da parte della Banca resistente, di ipotetici singoli atti solutori o di eventuali saldi passivi extra fido da cui far in concreto decorrere – ai sensi dell'art. 2935 c.c. – il termine di prescrizione decennale ordinario e, in secondo luogo, dalla assenza di prova in prova in ordine agli stessi, che l'eccezione di prescrizione proposta dalla banca è totalmente infondata e deve essere respinta”.
Ancora, e in ultimo, benchè la giurisprudenza in materia di prescrizione in merito alla natura delle rimesse abbia ormai definitivamente sancito i due principi dinanzi citati, ovvero che la prova dell’apertura di credito deve essere fornita dalla parte che ne ha interesse in base al principio dispositivo della prova in giudizio in base al quale è la banca a dover provare l’esistenza di un apertura di credito, e, che la banca è tenuta ad indicare in dettaglio le singole rimesse solutorie cui ritiene prescritte, il CTU, comunque, in base alla recente giurisprudenza dei più autorevoli tribunali d’Italia può desumere tranquillamente l’esistenza o meno dell’apertura di credito in favore del Cliente anche in via indiretta -facta cloncudentia- analizzando una serie di circostanze di fatto e di risultanze scritte estrapolabili dagli estratti conto prodotti in giudizio (Tribunale di Reggio Emilia RG 4203/2014 accoglimento totale del 17.09.2016, Tribunale di Milano sentenza 5693/2016, Tribunale di Milano Ordinanza 9957/2015, Tribunale di Milano Ordinanza 8/04/2015 RG 44847/2014 Dr. Ferrari, Tribunale di Roma 60624/2014 Ordinanza Dr. Picaro, Tribunale di Torino 3/03/2015 e 31.10.2014 Dr. Astuni).
In particolare l’esistenza o meno dell’affidamento può essere desunto dai seguenti elementi probatori (Contenzioso Bancario e Procedure Concorsuali edito da Direkta Edizioni autore Giudice Dr. Flavio Cusani pag. 91):
a) l’avere la banca consentito al cliente di usufruire di fatto di uno scoperto di c/c, stabilmente e per una durata di diversi anni;
b) l’applicazione, indicata negli estratti conto, di una commissione di massimo scoperto, che per definizione è una clausola implicante un costo per il cliente in ragione della messa a disposizione da parte della banca di una somma utilizzabile a credito dal cliente;
c) l’indicazione negli estratti di conto corrente di tassi debitori ordinari, senza alcun richiamo e distinzione di tassi extrafido,;
d) la mancata richiesta della banca, per tutta la durata del rapporto, di un rientro del cliente dallo scoperto di c/c.;
e) la segnalazione alla Centrale Rischi Interbancaria dell’affidamento concesso al Cliente in quanto la stessa ha carattere confessorio (Tribunale di Prato Ordinanza 702 del 2015 Dr.ssa Brogi RG 781/2013, Tribunale di Monza del 2012);
f) l’addebito periodico da parte della banca delle spese istruttoria fido e di altre spese collegate all’affidamento;
g) il non aver la banca invitato il cliente al rientro e, quindi, non aver segnalato a sofferenza il saldo passivo del conto corrente.
Più dettagliatamente, segnatamente al punto e) la Segnalazione in Centrale Rischi da parte della banca laddove evidenzia alla sezione “accordato” appunto il fido accordato, sta ad evidenziare chiaramente che il conto corrente è palesemente affidato, inoltre, la visura della Centrale Rischi prodotta in giudizio assurge sotto ogni profilo di legge a confessione stragiudiziale regolata dall’art. 2735 CC la quale “è liberamente apprezzata dal giudice” così come statuisce chiaramente la norma.
Quindi, in materia di azioni di ripetizione dei rapporti bancari o azione di accertamento, ai sensi e per gli effetti di quanto sancisce la Sentenza di Cassazione SSUU 244818/2010, affinché un eccezione di prescrizione possa ritenersi valida sotto ogni profilo tecnico-giuridico, la stessa può ritenersi validamente sollevata dalla banca laddove, l’istituto di credito avrebbe:
1) Prodotto in giudizio nei termini di legge il contratto di affidamento che indichi il limite dell’affidamento oltre il quale l’operazione è considerata extrafido;
2) Ricostruito il rapporto di conto corrente al fine di depurarlo dalle varie voci di illegittimità che insistono su di esso (applicazione dell’anatocismo trimestrale, applicazione di cms, valute illegittime, girocontazione delle competenze illegittime ecc) al fine di ottenere il saldo del conto corrente giornaliero reale ovvero depurato e non già quello riportato dalla banca in quanto inquinato e impuro;
3) Elencato in dettaglio le singole rimesse che superino detto limite (Cassazione Civile nr. 4518/2014);
4) Prodotto gli e/c comprovanti detto supero ed il tempo in cui si è verificato, ovvero oltre 10 anni prima della domanda giudiziale o della preventiva richiesta stragiudiziale di restituzione delle somme indebitamente percepite.
Si ricorda per completezza espositiva, così come ha disposto il Tribunale di Prato con Ordinanza della Dr.ssa Brogi al giudizio iscritto al 781/2013 “porta a dover valutare l’eccezione di prescrizione della parte resistente, alla luce anche di quanto statuito da Cass. S.U. n. 24418/2010 non essendo compito del c.t.u. valutare la fondatezza dell’eccezione di prescrizione”, ragion per cui, sarebbe opportuno che i consulenti nominati dai tribunali operino le diverse ipotesi di conteggio richieste dalle parti lasciando poi al Giudicante la facoltà di decidere quale delle prospettazioni tecniche risulti la più corretta.
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