Strumenti di risoluzione crisi d'impresa

Transazione Fiscale ex art. 182 ter L.F.
Nell’ambito del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione, il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione Europea. Con riguardo all’imposta sul valore aggiunto, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento.  
La transazione fiscale è quindi uno strumento di accordo “tombale” con l’erario, ma può essere attivata solo nell’ambito di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione.  
E’ importante chiarire che la transazione fiscale, la quale mira all’ottenimento del consolidamento di cui all’art. 182-ter l. fall., costituisce una semplice facoltà del debitore e non è presupposto indispensabile per la falcidiabilità dei crediti erariali, in quanto la regola in base alla quale il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori non prevede eccezioni per il Fisco.  
La previsione circa l’intangibilità dell’imposta sul valore aggiunto ha carattere sostanziale e la sua applicazione non può essere rimessa alla volontà del debitore, sicché essa opera anche in assenza di transazione fiscale.
Lo scopo della transazione fiscale è quello di consentire all’impresa debitrice di ottenere:
1) la quantificazione certa di debiti di natura fiscale (c.d. consolidamento);
2) la possibilità di soddisfare in misura parziale i debiti fiscali.
Benché il nuovo istituto, come peraltro il vecchio, sia espressamente denominato “transazione fiscale” non è affatto certo il suo inquadramento nel regime privatistico regolato dagli art. 1965 e seguenti del codice civile.
Invero, a differenza del contratto di transazione che presuppone l’esistenza di una res litigiosa (cfr. primo comma art. 1965 cod. civ.) e la disponibilità del diritto controverso per una valida stipulazione del contratto (cfr. 1966 cod. civ.), la transazione fiscale non è subordinata all’esistenza di un diritto controverso ed ha per oggetto l’obbligazione tributaria che, per norma di legge, è un’obbligazione indisponibile.
Per queste ragioni, l’orientamento dottrinale maggioritario ritiene escludere la transazione fiscale (ora collocata nell’ambito della procedura endoconcorsuale) dallo schema negoziale descritto dall’art. 1965 del codice civile e di inquadrarla nell’ambito di una diversa, atipica figura di negozio solutorio, cioè di un accordo mediante il quale il creditore Erario, essendo dubbia la realizzazione dell’intero credito, conviene con il debitore il pagamento di un importo inferiore ma certo.
Tale lettura della transazione fiscale, pare peraltro coerente con altri istituti noti agli operatori del diritto tributario, i c.d. strumenti deflattivi del contenzioso tributario (fra gli altri, il ravvedimento operoso, l’Accertamento con adesione o Concordato, la Conciliazione giudiziale, l’Acquiescenza agli atti di accertamento e l’Autotutela) attraverso i quali il principio generale della indisponibilità dell’obbligazione tributaria viene sacrificato per potenziare le ipotesi di dialogo tra Fisco e contribuenti e cioè giungere a delle forme di estinzione concordate delle ragioni dell’Amministrazione.
La transazione fiscale si applica esclusivamente alle imprese in stato di crisi che presentano domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo ai sensi dell’art. 160 L.F., comma 1 lett. a) e b) e nell’ambito della procedura di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182 bis L.F. E’ solo con il piano di risanamento dell’impresa in crisi, quindi, che il debitore può proporre il pagamento, anche parziale, dei debiti tributari.
La transazione può riguardare, pertanto, solo i soggetti che possono fallire. Sono così esclusi gli imprenditori non commerciali (agricoli), i piccoli imprenditori (individuali e collettivi: società di persone e di capitali) secondo i parametri dettati dal nuovo art. 1 L.F., gli enti pubblici che esercitano in via esclusiva o prevalente un’attività economica e tutti i lavoratori autonomi non imprenditori.
La ratio del nuovo istituto, dunque, pare dovere essere ricercata nell’interesse generale alla conservazione dei complessi aziendali più che nell’esigenza di ottimizzare la riscossione dei tributi come era per la precedente transazione esattoriale.
La transazione fiscale non si applica, di conseguenza, nel fallimento, nel concordato fallimentare, nella liquidazione coatta amministrativa e, meno comprensibilmente, nella procedura di amministrazione straordinaria, nei quali continua ad applicarsi l’ordinaria disciplina della definizione dei rapporti tributari, dell’accertamento con adesione, della conciliazione giudiziale e della definizione agevolata delle sanzioni.
L'art. 182 ter  prevede che con il Piano concordatario e l’Accordo di ristrutturazione dei debiti, l’imprenditore possa proporre il pagamento dilazionato e/o parziale dei debiti privilegiati e chirografari relativi ai tributi amministrati dalle Agenzie fiscali; in tale modo si è offerta all’imprenditore che intende accedere alla procedura concordataria o perfezionare un Accordo di ristrutturazione, la possibilità di giungere ad una intesa anche con l’Amministrazione finanziaria, per comporre la propria esposizione debitoria nei confronti del creditore Fisco, proponendo pagamenti dilazionati e/o parziali dei tributi amministrati dalle Agenzie Fiscali (Agenzia delle Entrate, Agenzia del territorio, Agenzia delle Dogane, Agenzia del Demanio) anche se di competenza di Enti diversi dallo Stato (ad esempio IRAP, addizionale regionale e comunale).
Per espressa previsione normativa la possibilità di concordare con l’Erario una riduzione delle imposte e delle sanzioni non è estesa a tutti i tributi, ma è circoscritta a taluni di essi.
Sono, infatti, completamente esclusi dalla transazione fiscale:
a) i tributi costituenti risorse proprie dell’Unione Europea, atteso che l’Amministrazione Finanziaria Italiana non è legittimata a disporre liberamente dei tributi non destinati all’Erario;
b) i tributi locali non amministrati dalle Agenzie fiscali, quali Ici, Tarsu/Tia, Tosap/Cosap ed imposta sulle pubblicità;
c) le entrate di natura non tributaria gestite dall’Agenzia delle Entrate;
d) i crediti relativi a recuperi di aiuti di stato dichiarati incompatibili con il mercato comune;
Quanto all’I.V.A. occorre segnalare le integrazioni apportate dal D.L. 185/2008. Detta norma, invero, chiarisce che la transazione fiscale può avere ad oggetto anche tale tributo ma può prevederne esclusivamente la dilazione del pagamento; non ne è consentita, pertanto, la “falcidia” (pagamento parziale).
Il D.L. 78/2010 ha equiparato all’IVA, nell’ambito della transazione fiscale, le ritenute alla fonte operate dall’impresa debitrice in qualità di sostituto d’imposta e non versate all’Erario.
Il motivo dell’espressa esclusione dell’IVA dai tributi “falcidiabili” sancita da D.L. 185/2008 è da rinvenire nel divieto, imposto dalle norme comunitarie a ciascun stato membro dell’Unione Europea, di disporre una rinuncia generale, indiscriminata e preventiva al diritto di procedere ad accertamento e verifica dei tributi aventi “natura europea”; pertanto con l’esclusione dell’IVA dalla transazione fiscale si erano volute evitare possibili censure in sede comunitaria, stante la carenza di legittimazione alla rinuncia parziale da parte di un soggetto (l’Amministrazione finanziaria italiana) non costituente il destinatario effettivo della totalità del tributo.
Motivazioni analoghe non paiono, invece, potersi rinvenire con riguardo alle ritenute alla fonte, trattandosi di tributi non aventi “natura europea”.
La ragione della loro esclusione consiste, ragionevolmente, nel fatto che le ritenute alla fonte trattenute dall’impresa e non versate, non costituiscono un tributo a carico della stessa. Trattasi, invero, dell’istituto della ”sostituzione d’imposta” : vi è un soggetto tenuto al versamento all’Erario (impresa “sostituta”) che interviene per legge nella riscossione del tributo senza essere il soggetto passivo d’imposta (“sostituito”). Ciò posto, la recente modifica legislativa pare basarsi sul principio che un soggetto non può usufruire della riduzione di un debito che non costituisca una sua obbligazione esclusiva; si possono invece ritenere transigibili: IRPEF, IRES, le relative addizionali ed imposte sostitutive, IRAP, imposta di registro, imposte ipotecaria e catastale, imposta di bollo, imposta sulle successioni e sulle donazioni, imposta sugli intrattenimenti, tasse automoblistiche, tasse sui contratti di borsa, canoni di abbonamento alla televisione, imposte demaniali, dazi di importazione e di esportazione.
La proposta transattiva riguarda tutti i crediti tributari, sia quelli ancora non iscritti a ruolo, che quelli già iscritti.
Per quanto concerne gli accessori al tributo (sanzioni, indennità di mora ed interessi) la circolare Agenzia delle Entrate 40/E del 18 aprile 2008 ha fatto propria la tesi che li riconduce nell’ambito di applicazione della transazione.
Infine circa l’ammissibilità dei crediti tributari privilegiati a formare oggetto di una dilazione di pagamento e/o remissione, la peculiarità della Transazione fiscale è che, inserendosi nel Concordato preventivo e negli Accordi, essa deve prevedere un eguale trattamento del creditore Fisco rispetto agli altri creditori di rango uguale coinvolti nelle procedure.
Pertanto nel Concordato preventivo, ma anche negli Accordi che possono essere conclusi in deroga al princìpio della par condìcio creditòrum, all’Amministrazione finanziaria non può essere riservato un pagamento in pèius, ma occorre mantenere la parità di trattamento rispetto gli altri creditori, in quanto l’art. 182 ter dispone che per i crediti tributari assistiti da privilegio le condizioni di ristrutturazione (percentuale, scadenze e garanzie) non possono essere inferiori a quelle offerte ai creditori che hanno un privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle Agenzie fiscali. Mentre se il credito tributario ha natura chirografaria il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari.
La Transazione Fiscale nel Concordato Preventivo.
La legge e la circolare 40/E suddetta disciplinano dettagliatamente i contenuti, anche cronologici, del procedimento di presentazione e i criteri di valutazione della proposta di transazione fiscale. In particolare, al fine di consentire il consolidamento del debito fiscale:
A) a pena di inammissibilità deve essere presentata, contestualmente al deposito in Tribunale, al concessionario della riscossione e all'Ufficio fiscale competente in base all'ultimo domicilio fiscale del debitore:
1) copia della domanda e della relativa documentazione, inclusa quella prevista dall'art. 161 L.F.
La domanda deve essere analitica ed esauriente e redatta secondo le modalità previste per la redazione della proposta di concordato preventivo. La domanda redatta in carta semplice ed indirizzata alla competente Agenzia delle Entrate, oltre la documentazione allegata, deve contenere:
- le indicazioni complete del debitore (denominazione o nome, codice fiscale, rappresentante legale, …);
- gli elementi identificativi della procedura di concordato preventivo in corso (indicazione degli organi giudiziari
competenti, i dati identificativi del procedimento, del decreto di ammissione, ecc.);
- la completa ed esauriente ricostruzione della posizione fiscale del contribuente a lui nota, con indicazione di
eventuali contenziosi pendenti;
- l’illustrazione della proposta di transazione, con indicazione dei tempi, delle modalità e delle garanzie prestate per il pagamento, tenendo conto di tutti gli elementi utili per un giudizio di fattibilità e convenienza della transazione;
- l’indicazione, anche sommaria, del contenuto del piano concordatario (che va allegato con tutta la documentazione richiesta ex art. 160 L.F.);
- ogni elemento utile all'accoglimento della proposta di transazione.
2) copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l'esito dei controlli automatici e copia delle dichiarazioni integrative relative al periodo sino alla data di presentazione della domanda; occorre inoltre presentare i dati relativi ai redditi realizzati nel precedente periodo d’imposta per i quali non sia ancora scaduto il termine di presentazione della dichiarazione, i dati relativi ai debiti IVA risultanti dalle liquidazioni periodiche non ancora trasfuse nelle prescritte dichiarazioni annuali ed, infine, i dati relativi agli omessi versamenti di ritenute fiscali non ancora indicati nelle dichiarazioni annuali.
B) entro trenta giorni dalla data di presentazione della domanda:
- il concessionario della riscossione deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l'entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso;
- l'ufficio fiscale deve procedere a liquidare i tributi risultanti dalle dichiarazioni ed alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, unitamente ad una certificazione attestante l'entità del debito derivante da atti di accertamento anche non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, o da ruoli vistati ma non ancora consegnati al concessionario;
C) successivamente all'emissione del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo, copia dell'avviso di irregolarità e delle certificazioni devono essere trasmessi al Commissario giudiziale per la verifica degli elenchi dei creditori e per la redazione dell'inventario e della relazione sulle cause di dissesto e sulla proposta di concordato;
D) per i tributi non iscritti a ruolo ovvero non ancora consegnati al Concessionario della riscossione alla data di presentazione della domanda, l'adesione o il diniego alla proposta di concordato va approvato con atto del Direttore dell'ufficio fiscale, su conforme parere della competente Direzione regionale, ed è espresso mediante voto favorevole o contrario in sede di adunanza dei creditori (o nei venti giorni successivi);
E) per i tributi iscritti a ruolo e già consegnati alla data di presentazione della domanda al concessionario della riscossione, questi provvede ad esprimere il voto in sede di adunanza dei creditori, su indicazione del direttore dell'ufficio fiscale, previo conforme parere della competente Direzione regionale;
F) con la chiusura della procedura di concordato preventivo ai sensi dell’art. 181 L.F., cioè con l’emanazione del decreto di omologa, si ha cessazione della materia del contendere ex art. 46 del D.Lgs 31 dicembre 1992, n. 546. La cessazione deve essere dichiarata con sentenza della Commissione Tributaria presso cui pende la controversia.
Anche l’ultimo intervento normativo (D.L. 78/2010), così come quelli precedenti, non ha risolto la questione centrale sollevata dall’introduzione dall’istituto della transazione fiscale, costituita dall’assenza di un compiuto coordinamento tra le norme fiscali e quelle della legge fallimentare che disciplinano il concordato preventivo e, in particolare, con quanto disposto dal comma 2 dell’art. 160 L.F. A differenza della normativa previgente alla riforma organica delle procedure concorsuali, questa disposizione ammette ora la possibilità di prevedere, con la proposta di concordato preventivo, il pagamento parziale dei creditori privilegiati – tra i quali rientra anche l’Erario – a condizione di non sovvertire l’ordine delle cause legittime di prelazione.
Le difficoltà interpretative derivano, dunque, dal fatto che ai sensi dell’art. 2778 cod. civ. i tributi diretti e l’IVA si collocano, nell’ordine dei privilegi, rispettivamente al diciottesimo e diciannovesimo grado.
Il relativo credito erariale risulta, dunque, generalmente assistito da un grado di privilegio inferiore rispetto a quello di altri crediti privilegiati, così che prevederne il pagamento integrale, nell’ambito del piano concordatario contenente il pagamento in percentuale degli altri crediti privilegiati significherebbe disattenderne, in molti casi, la condizione imposta dall’art. 160 della legge fallimentare, alterando il principio della graduazione delle cause di prelazione.
E’ quindi necessario interpretare le norme di cui sopra in modo non configgente. In quest’ottica la questione centrale consiste nello stabilire se l’istituto della transazione fiscale è obbligatorio o meno ogniqualvolta la proposta di concordato preveda un pagamento parziale dei debiti erariali e, nel caso, se la disposizione dell’art. 182-ter L.F., nella parte in cui esclude la falcidia dell’IVA e delle ritenute alla fonte assuma o meno carattere speciale rispetto alla norma generale contenuta nel comma 2 dell’art. 160 della medesima legge.
L’argomento è evidentemente molto dibattuto ma, allo stato, due sono gli orientamenti prevalenti. L’Agenzia delle Entrate (circolari 40/E del 2008 e 14/E del 10 aprile 2009), confortata da una parte della dottrina e da alcuni Tribunali, sostiene il carattere speciale dell’art. 182 ter L.F, sul presupposto del generale principio di indisponibilità’ del credito erariale.
Secondo tale primo orientamento, in sostanza, tale norma definirebbe l’esatto perimetro entro il quale il legislatore ha previsto una speciale deroga al generale ordine di graduazione delle cause di prelazione di cui all’art. 2778 cod. civ., con la conseguente ammissibilità della soddisfazione parziale dei crediti erariali solo all’interno delle specifiche ipotesi ed in presenza delle condizioni normativamente prescritte dal citato art. 182-ter L.F. Considerato, quindi, che la falcidia del credito tributario sarebbe ammissibile soltanto a condizione che il creditore si attenga alle disposizioni contenute nella citata norma (che, peraltro, esclude come sopra meglio esposto, il pagamento parziale dell’IVA e delle ritenute operate e non versate), l’Agenzia delle Entrate non ritiene ammissibile la presentazione di una domanda di concordato preventivo che preveda la soddisfazione parziale del credito erariale conseguente alla mancata esecuzione di tali versamenti.
L’altro orientamento (seguito da alcuni Tribunali e da parte della dottrina) partendo dal presupposto che il divieto di alterazione dell’ordine delle cause legittime di prelazione costituisca un requisito essenziale ed inderogabile per l’ammissione di una proposta di concordato preventivo che preveda il pagamento non integrale dei creditori privilegiati, ritiene ammissibile la proposta che preveda la falcidia dell’IVA (nonostante il diverso disposto dell’art. 182 ter L.F.).
Tali giudici hanno sostenuto, infatti, che l’art. 182 ter, utilizzando il termine “ può” anziché “deve” abbia inteso lasciare al debitore la valutazione sull’opportunità e sulla convenienza di presentare la domanda di transazione fiscale, alla luce di ulteriori effetti positivi che potrebbero derivare dall’accettazione della stessa da parte degli Uffici Finanziari (consolidamento della pretesa impositiva e non rettificabilità della stessa).
La transazione Fiscale negi accordi di ristrutturazione.
Dal 1 gennaio 2008 è prevista la possibilità per l'impresa in stato di crisi di ricorrere alla transazione fiscale nell'ambito degli Accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L.F. Alcune modifiche introdotte dal D.L. n. 78/2010 riguardano aspetti prettamente procedurali dei rapporti tra la transazione fiscale e gli accordi di ristrutturazione dei debiti disciplinati dall’art. 182 bis della medesima legge fallimentare. Prima dell’entrata in vigore di detta disposizione normativa, era, infatti, controverso se i documenti relativi al piano di ristrutturazione dei debiti ed al pagamento dei creditori (che fanno tipicamente parte della proposta di concordato preventivo ex art. 161 L.F. ) dovessero o meno essere presentati anche nel caso in cui la transazione fiscale fosse riferita all’istanza di ristrutturazione dei debiti.
La questione viene risolta dal succitato decreto nel senso che i documenti relativi al piano di ristrutturazione dei debiti ed al pagamento dei creditori devono essere presentati anche quando la transazione fiscale è connessa ad un accordo di ristrutturazione dei debiti. I suddetti documenti devono essere altresì accompagnati da una dichiarazione del debitore o del legale rappresentante dell’impresa attestante che la documentazione citata rappresenta fedelmente ed integralmente la situazione dell’impresa, con particolare riferimento alle poste attive del patrimonio. Vale la pena ricordare che eventuali dichiarazioni sostitutive non veritiere costituiscono reato.
La proposta deve essere effettuata nell'ambito delle trattative che precedono la stipula dell'accordo di ristrutturazione con adempimenti analoghi a quelli previsti per la proposta nell'ambito del concordato preventivo; in particolare:
- la proposta di transazione deve essere depositata presso l'Ufficio competente dell'ultimo domicilio fiscale del debitore (l'ufficio fiscale tenuto alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni ed alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità) e presso il competente agente della riscossione (tenuto a trasmettere al debitore la certificazione attestante l'entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso);
- nel caso di proposta di dilazione, l’Amministrazione Finanziaria potrà richiedere la prestazione di un’idonea garanzia quale condizione per aderire agli accordi;
- nei trenta giorni successivi l'assenso alla proposta di transazione è espresso, in relazione ai tributi non iscritti a ruolo ovvero non ancora consegnati all'agente della riscossione alla data di presentazione della domanda, con atto del Direttore dell'Ufficio, su conforme parere della competente Direzione regionale;
- per i tributi iscritti a ruolo e già consegnati all'agente della riscossione alla data di presentazione della domanda, l'assenso è espresso con atto dell'agente della riscossione su indicazione del Direttore dell'Ufficio, previo parere conforme della Direzione generale;
- l’assenso alla proposta equivale alla sottoscrizione dell'accordo di ristrutturazione.
L’ultimo comma dell’art. 182- ter impone l’obbligo, per il debitore, di dare integrale esecuzione al pagamento dei debiti fiscali entro novanta giorni dalle scadenze previste.
In caso di mancato adempimento entro il suddetto termine gli effetti della transazione fiscale decadono automaticamente, venendo revocati di diritto. Si tratta con tutta evidenza, di una norma tesa a contrastare eventuali abusi da parte del debitore, consistenti nell’ottenere una sensibile riduzione (e/o dilazione) della pretesa impositiva senza poi adempiere compiutamente agli obblighi assunti.
In entrambe le ipotesi (concordato preventivo ed accordo di ristrutturazione dei debiti) gli Uffici, come suggerito da più di una circolare dell’Agenzia delle Entrate, devono tener conto, in sede di valutazione dell'accordo, non solo dei principi di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa e della tutela degli interessi erariali ma anche degli altri interessi coinvolti nella gestione della crisi, ad esempio la tutela dell'occupazione, le probabilità di successo del piano, la continuità dell'attività produttiva, i costi di attivazione degli ammortizzatori sociali, la complessiva esposizione debitoria dell'impresa, oltre alla sua generale situazione finanziaria e patrimoniale (tipologia dell'attività svolta, diverse componenti positive di bilancio, consistenza immobiliare e presenza di eventuali garanzie). Tanto, evidentemente, in conformità delle finalità perseguite dall'istituto della Transazione Fiscale.
Occorre segnalare, al riguardo, la recente riduzione della responsabilità contabile degli appartenenti all’Agenzia delle Entrate e della società di riscossione con riferimento alle valutazioni di diritto e di fatto operate ai fini della transazione fiscale.
Essa infatti scatterà solo per le ipotesi di dolo e non anche di colpa grave: vi è da auspicare che tale misura, dichiaratamente finalizzata ad incentivare la conclusione degli accordi transattivi, possa contribuire al rilancio dell’istituto. 

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