Nei contratti bancari l’art. 117 comma 1, 3 e 4 del Decreto Legislativo 1/9/1993 n.385 – Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, ma già prima l’art. 3 della legge 17/2/1992 n.154 (c.d. legge sulla trasparenza bancaria) in vigore dal 9/7/1992, di cui il Tub ha sul punto ha recepito le disposizioni, stabilisce la forma scritta a pena di nullità per “il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora”.
Giova evidenziare che per contratto scritto s’intende il documento contenente le clausole contrattuali e che risulta sottoscritto da entrambe le parti, le quali, firmandolo, perfezionano nella prescritta forma scritta l’accordo contrattuale.
Sovente capita che i contratti scritti con cui le parti disciplinarono i rapporti bancari oggetto di giudizio, non risultano sottoscritti dal legale rappresentante della banca, pur riportando la sottoscrizione del cliente (cd. contratti monofirma).
E’ evidente che la mancanza di un valido contratto comporta il grande vantaggio per il cliente di poter ottenere una ricostruzione contabile del rapporto di conto corrente senza l’applicazione di quelle clausole a lui sfavorevoli che erano contenute nel contratto non perfezionatosi ( clausole di interessi ultralegali, anatocistiche, C.M.S., giorni valuta, ecc. ).
Inoltre, in mancanza di contratto o in mancanza di un contratto stipulato nella forma scritta, gli interessi sono dovuti nella misura del saggio legale in virtù dei su richiamati artt. 1282, 1284 e 1815 c.c.
Invece se c’è un contratto stipulato nella forma scritta ma esso non indica il tasso d’interesse, trova applicazione l’art. 117 comma 7 lett. a) Tub, che prevede un’ipotesi di inserzione automatica di una clausola legale in sostituzione di quella contrattuale nulla (art. 1419 comma 2 c.c.). In tal caso, in luogo del tasso al saggio legale d’interesse di cui all’art. 1284 c.c. si applica il c.d. tasso sostitutivo bancario consistente nel “tasso nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive”, ove per attive s’intendono quelle comportano la contabilizzazione di una somma a debito (cioè a carico) del cliente e per passive quelle che comportano la contabilizzazione di una somma a credito (cioè a favore) del cliente.
Si può verificare l’ipotesi in cui la clausola d’interesse ha forma scritta ma ha un contenuto che non indica il tasso d’interesse in modo da renderlo determinato o determinabile in base a criteri precisi, obbiettivi ed univoci. In tal caso la clausola è nulla in base ai principi generali codicistici (combinata previsione degli artt. 1418 comma 2 e 1346 c.c.) perché ha un oggetto che manca dei requisiti essenziali della determinatezza o della determinabilità. Questa ipotesi va assimilata a quella della mancata indicazione del tasso d’interesse di cui all’art. 117 comma 4 Tub, con conseguente applicazione del tasso sostitutivo bancario di cui al comma 7 lett. a).
Quando la clausola d’interessi contiene un rinvio agli usi per la determinazione del tasso d’interesse (c.d. clausola degli interessi uso piazza) la clausola oltre ad essere nulla in base ai principi generali per indeterminatezza e indeterminabilità dell’oggetto, è nulla per effetto della specifica previsione di cui all’art. 117 comma 6 prima parte Tub, che stabilisce espressamente, come in precedenza faceva la c.d. legge sulla trasparenza bancaria (art. 4 comma 3 L.1992/154), che “sono nulle e si considerano non apposte la clausole contrattuali di rinvio agli usi”.
Altra nullità colpisce la clausola d’interessi contenente la previsione di “tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati” (art. 117 comma 6 seconda parte Tub e in precedenza art. 4 comma 4 L.1992/154).
Anche questo caso di nullità di clausola d’interessi l’art. 117 comma 7 prevede l’applicazione del tasso sostitutivo bancario di cui alla lett. a).